Ascanio

Quando vedete un uomo fermo al bordo di una piazza, lo sguardo piantato verso un punto preciso, vi capita mai di chiedervi che cosa sta aspettando? E da quanto tempo? Vi trovate alle sue spalle, e quindi non potete decifrare dall’espressione del volto se l’attesa è piacevole, o penosa. Se sorride sapendo che dovrà aspettare ancora per poco, o se nel tempo ha invece perso la speranza. Se non è più un’attesa, ma soltanto rassegnazione. Se è amore, gioia, disperazione. O magari un tentativo di ingannare il tempo, oppure il visitare un luogo di ricordi, dopo una lunga assenza. Se è una pausa, o il termine di un tempo quasi infinito. Forse qualcosa di importante sta per accadere, forse invece è ormai tutto completato. Risolto. O chiuso. Ascanio ha da poco terminato quella che considera la telefonata più importante della sua vita. Ha parlato con il suo primo amore, ricordando sorrisi e gioie di quando ancora era un ragazzo. La voce tremava, mentre lui tentava di versare nell’emozione di un lungo rimpianto le parole giuste per consolidare un appuntamento atteso da millenni, insperato, sognato ma ora reale e raggiungibile, con un pizzico di speranza e all’altro capo della fune, necessario, un lieve moto di partecipazione. Di questo non è sicuro: la voce al telefono rispondeva sorpresa, incerta, apparentemente lontana e disillusa. Si chiede quanto può costare a un’anima invecchiata scendere una breve rampa di scale per affacciarsi sul bordo di una piazza che ha visto scorrere via la maggior parte dei suoi sogni, e sorridere alla vista della speranza. Della gioia che annulla il rimpianto. Rimane col fiato sospeso, quando realizza la disperata audacia di questo suo gesto, e lo sguardo vacilla lasciando per un attimo la presa sul portone di ingresso che ha guardato così a lungo da sentirselo piantato nell’iride. Stampato nella mente. Sgomento, volge gli occhi sull’affollata piazza Grande, illuminata da piccole stelle artificiali per le feste quasi terminate, ma ancora, per un poco, immersa nell’atmosfera che sembra rendere tutto possibile, anche la più remota fantasia di un cuore affaticato. Che cosa le dirà? Adesso a lui per primo appare patetico il suo proporsi per rivivere le emozioni di un tempo talmente distante da sembrare quasi mai esistito. Si chiede se davvero siano reali i ricordi conservati con dolcezza nell’angolo più nascosto del cuore, mentre la vita scorreva portando quanto di suo aveva da offrire. Nuovi amori consumati e perduti, oggi ricordati con un pizzico di dispiacere, col retrogusto inaspettato di sollievo. Volti persi felicemente per strada. Una moglie che adesso dedica i suoi aspri sorrisi a un altro piccolo sfortunato uomo. I figli che hanno preso la loro strada. Le occasioni mancate e le decisioni sbagliate. La smisurata raccolta dei gesti, la maggior parte inconsapevoli, che hanno costruito e indirizzato la sua vita, piegando la strada per portarlo a visitare luoghi che mai aveva immaginato o desiderato. Divorando i rettilinei alla stessa velocità con la quale riusciva a dimenticarli, lasciandoli alle spalle. Il passato è un palazzo vuoto abbandonato anche dagli ultimi fantasmi. Tutto cancellato, ingoiato dal grande e freddo oceano della delusione. Restano vivi soltanto i giorni vissuti nell’incrocio di quattro strade ancora per poco prive delle interminabili righe di auto posteggiate a fianco dei marciapiedi. Giochi disegnati col gesso sull’asfalto appena asciugato dal sole. Finestre aperte alle chiacchiere e alle risate lanciate da una sponda all’altra della strada, come i panni stesi sui lunghi fili di corda, sventolanti al vento fresco della sera. Grandi rampe di scale da scendere veloci, senza il minimo affanno, per poi irrompere di corsa nelle piccole piazze costellate di sedie raggruppate in magici cerchi di difesa, dove giovani e anziane donne dai volti stanchi ma sereni spartivano gioie e dolori sgranando immense ceste di fagioli, sotto la luce stregata dei lampioni ingialliti dal tempo vorace. Il suono quasi metallico del battere sul selciato di un pallone aspramente conteso. E gli occhi di lei, trasparenti ma colmi di una serietà e consapevolezza che giureresti una ragazzina non potrebbe possedere, quando sfioravano il volto di Ascanio. La timidezza che si veste di spavalderia per strappare il primo tiepido bacio a fior di labbra, lo stacco di una repentina fuga col cuore in gola. E il bacio più lungo e giusto, tempo dopo, le mani intrecciate nell’ombra di un androne con la lampadina bruciata, il fiato a mescolarsi nell’esprimere la solenne promessa della vita. Intorpidito dalla rigida postura dell’attesa, Ascanio si pone la domanda alla quale non ha mai trovato risposta: quando si sono persi? Non nelle soleggiate passeggiate sul lungomare, e neanche nel buio delle sale cinematografiche, dove guardavano e ascoltavano con un occhio e un orecchio soltanto, le labbra pressate in baci senza fine. E non avevano certo la possibilità di perdersi tra le strade del loro quartiere, dove ogni singolo palazzo si ergeva a protezione delle loro giovani esistenze. Forse hanno smarrito la via che avrebbe potuto vederli camminare insieme quando si sono lasciati travolgere dall’euforia alla vista di un mondo che si apriva carico di speranze e promesse, apparentemente a portata di mano, ai loro occhi ancora innocenti. Nel gioco di specchi delle illimitate aspettative, trascurando quanto queste si ponessero in contrasto con la semplicità e le piccole gioie senza prezzo offerte dalla completa assenza di ombre o timori, due anime fragili si sono perse nel disperdersi. Il calcolo delle possibilità, in una scommessa che alla fine si è rivelata priva di senso, le ha separate e portate lontano. Ascanio si guarda intorno: la piazza pian piano va svuotandosi, ognuno diretto verso la precaria realizzazione dei propri sogni. In piedi, sul lato estremo di una speranza che lentamente si sbriciola ai bordi per mostrare il vuoto sotto, uno spazio dove si può vivere soltanto l’infinita solitudine, Ascanio, aspetta.

Il luogo   

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2 commenti

  1. ben scritto, come le altre storie Mario. Mentre leggo, sento i pensieri di Ascanio, la sua amarezza, il suo rimpianto. Rimpianto verso il suo primo amore, ricordato sempre in un angolo nel suo cuore, amarezza verso ciò che poteva essere e non è stato. Rimpianto anche della giovinezza vissuta in modo spensierato e pulito, come adesso non succede più ai ragazzi. Forse anche consapevolezza che la vita è passata, così, nel suo evolversi, e piano piano si è ritrovato solo, a ripensare al suo primo amore.. Mi piacciono le tue storie. continua così!

  2. Ascanio è solo come molti, guarda il suo passato nella speranza di riempire quel vuoto che avverte da tempo, rivedere il primo amore l\’idea
    di fare quella telefonata lo pone in conflitto e già essere riuscito a
    farla gli riempie il cuore di incertezza, dove si sono persi si domanda,la speranza nutrita da tanto tempo di potersi ritrovare,il ricordo della gioventu vissuta nel quartiere che era come una grande
    famiglia che li faceva sentire protetti e difendeva la loro spensieratezza,tenere vivi i ricordi aiuta rassicura tranquiliizza
    dall\’affanno della vita.Continua cosi Mario grazie

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